lunedì 30 aprile 2007

Perché stiamo presenti anche nella Capitale


Recentemente un gruppo di giornalisti romani ha raccolto l'invito a dare vita - anche nella Capitale - al movimento. Una pattuglia di giornalisti stufa di sentirsi ripetere sempre le solite cose dalle solite persone. Tra noi ci sono giornalisti professionisti assunti a tempo indeterminato, colleghi che saltano da un contratto ad un altro, giovani alla ricerca di una qualche collocazione.


E diamo a tutti la possibilità di intervenire online con questo blog. Siamo preoccupati per il futuro di questo mestiere e per le nostre prospettive professionali. Il copia/incolla sembra diventato la regola e gli editori fanno di tutto per portare ad esaurimento la nostra pazienza. Nel sindacato, del resto, notiamo troppe contiguità e poca incisività. Siamo ancora in attesa di capire come mai lo sciopero lungo (quello dello scorso Natale) non sia stato proclamato prima delle elezioni politiche della primavera scorsa.


La decisione della Fnsi di rompere le trattative per un contratto-ponte, avvenuta in quell’ormai lontano 4 novembre 2005, è stata un grave errore. Oggi avremmo con ogni probabilità il nostro contratto rinnovato e - magari - in una successiva trattativa, coinvolgendo anche il governo, saremmo riusciti a spuntare maggiori tutele per i colleghi precari. Quasi tutti noi abbiamo attraversato l'inferno della disoccupazione. Ricordiamo bene quei giorni, e ci sono colleghi che, purtroppo, ancora combattono tra una collaborazione, un contratto a termine e un periodo di fermo forzato. Sta di fatto che, in questa vertenza contrattuale, sono stati già fatti 16 giorni di sciopero dei quotidiani senza riflettere sulla strategia per arrivare a un rinnovo in cui rischiamo di doverci solo difendere rispetto alle richieste degli editori, che pretendono più flessibilità volendo anche risparmiare sul costo del lavoro.


Nel frattempo, non si è lanciato neppure un vero e proprio stato di agitazione della categoria per convincere il governo a trascinare al tavolo delle trattative gli editori. Eppure, ogni anno lo Stato italiano sborsa oltre 600 milioni di euro in sovvenzioni all'editoria. E, in diverso modo, tutti i mezzi d’informazione ne usufruiscono. Negli ultimi 40 anni i giornalisti hanno fatto da laboratorio politico e sociale a tutte le innovazioni (belle e brutte) d'Italia. Siamo stati apripista nell'assistenza sanitaria complementare (Casagit), pionieri nella previdenza privata (Inpgi), sperimentatori a partire dal lontano 1987 per la previdenza integrativa (Fpcgi). Nel 1995 i contratti a termine sono fioriti nei giornali quando ancora la Legge Biagi era solo una teoria universitaria. I precari sono stati partoriti proprio dalla nostra categoria.


Se in passato - dopo un periodo da abusivo - si poteva ambire a diventare praticante, oggi questo meccanismo si è inceppato. Nelle redazioni si entra solo su "invito" e guai a non avere un bel documento che attesti la pratica di stagista. I praticanti a tempo indeterminato sembrano diventati una razza in via d'estinzione. Per non parlare del normale turn over nelle redazioni. E, anche ammesso che si riesca ad entrare in una scuola, superato l'esame è un'impresa ciclopica trovare un lavoro (pagato). Il governo intanto discute su come cambiare assetto al sistema dell'editoria. E a parte un formulario in burocratese noi, i diretti interessati, siamo lasciati al margine.


Temiamo che i giochi - sulla nostra pelle - verranno fatti da altri: poi noi dovremo subirne le conseguenze. Se è vero che l'Inpgi ha oltre 16mila iscritti paganti - che ogni mese versano i contributi - è altrettanto vero che i colleghi che lavorano ogni giorno per la magica macchina dell'informazione italiana sono almeno tre volte tanti: di cui molti senza regolare contratto. Il sindacato - dopo tanti giorni di sciopero negli ultimi 2 anni - appare un'entità lontana e ostile. Comunque non attenta ai veri problemi delle redazioni. E intanto i poveri colleghi che si prestano a fare parte dei Cdr - non è un mistero - subiscono vessazioni e attacchi personali dai direttori e dai rappresentanti delle aziende dove lavorano. In alcune testate è diventata un'impresa trovare candidati per rappresentare i colleghi.


Gli editori declamano ai quattro venti lo stato di crisi del settore ma poi sfornano bilanci miliardari a rotta di collo. C'è qualcosa che non va nell'editoria. Di sicuro c'è qualcosa che non funziona nel sindacato. Forse è il caso di cambiare anche le forme di lotta. C'è bisogno di una scossa e d'interrogarci per capire cosa sarà della nostra professione tra 10, 20 o 30 anni. Gli editori i loro calcoli li hanno già fatti. Se non proviamo ad immaginare il nostro futuro rischiamo di essere espulsi o peggio ancora macinati da un meccanismo diabolico.



Vogliamo cambiare il sindacato. Ma vogliamo soprattutto capire cosa i colleghi pensano di questa vertenza. A cosa sono disposti a rinunciare e cosa propongono di fare. Tra tante teste verrà fuori pure una buona idea... Se sei stufo anche tu, leggi il nostro blog: http://quartopotereroma.blogspot.com/. E intervieni proponendo un tema. Se giri questo messaggio ai tuoi colleghi ci farai (e ti farai) un favore

Documento elaborato da Antonio Castro con i colleghi del Coordinamento per la costituzione di Quarto Potere Roma

Nessun commento: