mercoledì 16 maggio 2007

Vota Antonio, Vota Antonio Castro


Tra i colleghi dell'Altra Lista c'è anche Antonio Castro, responsabile di Quarto Potere Roma. Ecco il suo messaggio:



La prima cosa che gli amici colleghi mi hanno chiesto è: “Perché ti candidi? Non sei stufo di questo schifo?”. Paradossalmente è proprio lo schifo che provo per come è stato gestito l’Ordine e il sindacato in questi ultimi anni ad avermi convinto a mettermi in gioco. Sono 18 anni che “mi agito” in questa categoria. E le cose da allora non sono certo migliorate.


L’Ordine viene vilipeso continuamente, e questo non mi sta bene. Per non parlare di come è gestito il nostro Sindacato. Sono oltre 800 giorni che non riescono a trascinare gli editori al tavolo della trattativa. E le poche occasioni buone per costringere il Palazzo a schierarsi con noi (come le elezioni politiche dell’aprile 2006) sono state sprecate. Volutamente sprecate.


Così quando alcuni colleghi di varia estrazione e orientamento mi hanno chiesto di prendere parte ad un’Altra Lista – per il Consiglio nazionale dell’Ordine – ho apprezzato e accolto l’idea di fare squadra comune per scardinare rendite di posizione (e di poltrone) che hanno portato all’immobilismo la nostra categoria.
Dobbiamo essere sinceri. Da troppo tempo facciamo finta di non vedere. Facciamo finta di non vedere che le nostre retribuzioni non sono più quelle di dieci anni fa. Facciamo finta di non vedere che c’è un esercito di colleghi precari che preme alle porte delle redazioni. Facciamo finta di non vedere che a lungo andare la stabilità del nostro istituto di previdenza, l’Inpgi, salterà. Facciamo finta di non vedere che il governo ha messo mano ad una riforma dell’editoria che può contenere i germi dell’annullamento della professione. Facciamo finta di non vedere che il sindacato è vittima di accordi occulti e censure preventive nell’attaccare una parte politica. Facciamo finta di non vedere che destra e sinistra non amano una stampa libera ed indipendente.


Ho davanti almeno 25 anni di lavoro. Ma già oggi sono stufo di essere additato - in quanto membro della “casta” giornalistica - come un privilegiato, uno spione, uno scansafatiche, un servo del potere. Non sono nulla di tutto questo. Sono un professionista serio. Non sono al soldo dei servizi più o meno segreti. Lavoro almeno 12 ore al giorno. Non parteggio per alcuna parte politica quando faccio il mio lavoro.
Però mi rendo conto che per colpa di alcuni (pochi) tutti noi siamo additati come la peggior feccia della società. La gente che conosco – e che lavora in redazione – per la stragrande maggioranza è come me. Poi ci sono i “soloni” della rappresentanza che l’ultimo articolo lo hanno scritto nel 1936…


Come possono Lor Signori capire i problemi di un quarantenne espulso dal mercato del lavoro? Già oggi ho ben presente che la mia pensione non sarà sufficiente per garantirmi una vecchiaia dignitosa. Sempre che nei prossimi lustri continui a rientrare tra i fortunati che avranno ancora un contratto di lavoro.


Se non cominciamo seriamente a pensare a come riformare la nostra professione – chiedendo ai colleghi cosa vorrebbero e cosa farebbero loro – rischiamo di essere spazzati via in tempi neppure troppo lunghi. Se non ricostruiamo la nostra immagine pubblica – riguadagnando credibilità e autonomia – nessuno alzerà un dito a nostra difesa. Dobbiamo diventare terzi dal potere (economico e politico) e ridare alla nostra professione il prestigio che abbiamo perso. E poi dobbiamo immaginare come sarà il mestiere di giornalista tra 20, 30, 50 anni. Solo così saremo in grado di opporre agli editori una nostra strategia. Servono nuovi strumenti contrattuali, nuovi istituti di categoria che ci garantiscano. Inpgi e Casagit vanno bene. Ma vanno implementati con altri strumenti e, forse, nuovi istituti, per garantire i colleghi, soprattutto i precari.
Bisogna avere coraggio – in questo momento delicato di transizione – per immaginare una nuova figura di giornalista. Ci avventuriamo in un’era professionale dove, forse, il Cnlg che conosciamo non esisterà più. I segnali che ci arrivano dalla Federazione degli Editori sono chiari. E preoccupanti. Se vogliamo avere un futuro dobbiamo batterci adesso con tutte le forze per tutelare la figura del giornalista. Anche andando a pestare i piedi a qualche “poltronaro” della categoria. Anche disturbando i giochi dei Signori della politica.


Non ho idea se riuscirò, insieme agli altri colleghi de L’Altra Lista, ad essere eletto. Di sicuro continuerò a battermi - nella mia quotidiana vita redazionale - perché nessuno possa mai affibbiarmi l’appellativo di “servo del potere”, “raccomandato”, “nulla facente” o “spione”.


Vi aspetto al seggio domenica e lunedì.


Antonio Castro

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